Ho composto questo brano musicale per mia forte simpatia verso il poeta Robert Tannahill, a cui è ispirato e dedicato.
Il brano centrale di questa composizione, il cui titolo originale è “Gloomy winter's now awa'”(Il cupo inverno ora se ne va), è appunto del suddetto poeta e musicista scozzese, morto a 36 anni (nel 1810) dopo aver vissuto sempre all'ombra del primo bardo di Scozia Robert Burns, autore dell’arcinota e dolcissima “Auld lang syne”.
Cosa mi rende tanto simpatico questo poeta sfortunato? Forse proprio la sfortuna, che lo perseguita anche da morto, e di cui mi accingo a dire.
Sul finale, come potete notare, ho inserito una porzione del brano "The heart asks pleasure first" , tema del film "The piano” (Lezioni di Piano), il cui autore è Michael Nyman, il quale viene chiamato ovunque a suonare questa "sua" emozionante composizione, che però non è sua, bensì è un evidente rimaneggiamento di “Gloomy winter's now awa'”, in tempo di 4/4 invece che in 3/4.
Nyman tace furbamente sulla paternità dell'opera, ed ogni volta mi viene da pensare al povero Tannahill. Io credo che un uomo di coscienza certa furbizia sempre la paga, e nel caso di Nyman ciò avviene ogni volta che viene ospitato in un teatro, in una televisione e ovunque egli venga chiamato ed elogiato per una cosa che in realtà non rappresenta il suo valore, ma il valore di un altro. E il prezzo di tale elogio deve essere per lui, in verità, una profonda umiliazione.
La sfortuna, però, come se non bastasse si è accanita anche con un’altra ballata di Tannahill, nota come “the wild mountain thyme”, o anche “Will You Go Lassie, Go”, che vede come autore ufficiale Francis McPeake (anno 1957) ma che in realtà è una copia di “The Braes of Balquhidder”, composta dal nostro poeta.
Robert Tannahill è un nome che non viene ricordato né elogiato, la cui arte però è indimenticabile fino all'inevitabilità, ed è suggestivo pensare che egli, proprio perché incompreso, prima di commettere suicidio bruciò gran parte della sua produzione, e quel che oggi ne resta è veramente poco. Pochissimi testi che tuttavia, nonostante la loro esiguità, sono stati copiati, abusati, rimaneggiati e ribattezzati furbescamente chissà quante volte!
Ecco dunque questo mio brano modestissimo, ma leale.
Il cupo inverno s’allontana e la primavera arriva, vibrando con mosconi-violoncelli, gocciando da arpe fresche, soffiando in vari flauti e in ogni modo scalciante che essa conosce, finché la morte si scioglie sulla terra vivificata e il fragile diventa eterno.
Ringrazio l'arpa celtica, i vari flauti anche orientali, il violoncello e il pianoforte che qui suonano e giocano nell'immensa orchestra che chiamiamo natura. E ringrazio mio nipote Romolo (16 anni d'età appena compiuti) per gli accordi da lui creati ed eseguiti con la pianola.
Buon ascolto.