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Aggiornamento: 26 mar 2020



Ho composto questo brano musicale per mia forte simpatia verso il poeta Robert Tannahill, a cui è ispirato e dedicato. 


Il brano centrale di questa composizione, il cui titolo originale è “Gloomy winter's now awa'”(Il cupo inverno ora se ne va), è appunto del suddetto poeta e musicista scozzese, morto a 36 anni (nel 1810) dopo aver vissuto sempre all'ombra del primo bardo di Scozia Robert Burns, autore dell’arcinota e dolcissima “Auld lang syne”. 


Cosa mi rende tanto simpatico questo poeta sfortunato? Forse proprio la sfortuna, che lo perseguita anche da morto, e di cui mi accingo a dire. 


Sul finale, come potete notare, ho inserito una porzione del brano "The heart asks pleasure first" , tema del film "The piano” (Lezioni di Piano), il cui autore è Michael Nyman, il quale viene chiamato ovunque a suonare questa "sua" emozionante composizione, che però non è sua, bensì è un evidente rimaneggiamento di “Gloomy winter's now awa'”, in tempo di 4/4 invece che in 3/4. 


Nyman tace furbamente sulla paternità dell'opera, ed ogni volta mi viene da pensare al povero Tannahill. Io credo che un uomo di coscienza certa furbizia sempre la paga, e nel caso di Nyman ciò avviene ogni volta che viene ospitato in un teatro, in una televisione e ovunque egli venga chiamato ed elogiato per una cosa che in realtà non rappresenta il suo valore, ma il valore di un altro. E il prezzo di tale elogio deve essere per lui, in verità, una profonda umiliazione. 


La sfortuna, però, come se non bastasse si è accanita anche con un’altra ballata di Tannahill, nota come “the wild mountain thyme”, o anche “Will You Go Lassie, Go”, che vede come autore ufficiale Francis McPeake (anno 1957) ma che in realtà è una copia di “The Braes of Balquhidder”, composta dal nostro poeta. 


Robert Tannahill è un nome che non viene ricordato né elogiato, la cui arte però è indimenticabile fino all'inevitabilità, ed è suggestivo pensare che egli, proprio perché incompreso, prima di commettere suicidio bruciò gran parte della sua produzione, e quel che oggi ne resta è veramente poco. Pochissimi testi che tuttavia, nonostante la loro esiguità, sono stati copiati, abusati, rimaneggiati e ribattezzati furbescamente chissà quante volte! 


Ecco dunque questo mio brano modestissimo, ma leale. 


Il cupo inverno s’allontana e la primavera arriva,  vibrando con mosconi-violoncelli, gocciando da arpe fresche, soffiando in vari flauti e in ogni modo scalciante che essa conosce, finché la morte si scioglie sulla terra vivificata e il fragile diventa eterno. 


Ringrazio l'arpa celtica, i vari flauti anche orientali, il violoncello e il pianoforte che qui suonano e giocano nell'immensa orchestra che chiamiamo natura. E ringrazio mio nipote Romolo (16 anni d'età appena compiuti) per gli accordi da lui creati ed eseguiti con la pianola. 


Buon ascolto.


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Chiamato Respiro noi nuotiamo nell’aria, vacuo e necessario, da cui abbiamo inizio, e se dici che non ha materia non sai cos’è, dilata il corpo e lo brucia e lo trasforma – “puoi respirare come un neonato?”


scrivo Qui di questa trasformazione o rinascita, o “rivoluzione celeste”, osservando la Regola, espletando la Pratica, abbandonandole poi nell’Arte e questa ultima poi abbandonando; e Ora incomincio dicendo: Qi è Respiro non perduto, afferrato, soffio che muove il fuoco come la canna metallica con cui soffiamo sul camino, e non controlla il suo oggetto né il suo effetto perché l’inizio della Pratica è Abbandono & Attenzione al respiro con mani e gambe nella discesa verso il Dan Tien: ampolla alchemica del respiro oscurità tenera del ventre camera ricca di tende camino interno caldaio di cibo e Dao e senza che sia necessario o vacuo tutto così ha inizio; cosa? La liberazione dai pesi morali e civili, la grande trasformazione, la rivoluzione dei cieli interiori, la foresta melodiosa fuori dalla città assordante Selvatichezza santa fuori da Ferocia santificata Ignoranza splendente fuori da Conoscenza oscurante sepolto contadino degli albori Pratica & Poesia del respiro luminoso sepolto bambino dell’infanzia – “puoi essere quella celeste tenerezza antica?” Tenerezza suprema, Pace infinita e l’inizio della Pratica è: spostati, sposta il respiro dalla bocca all’addome, dietro l’ombelico, e da questo alle punte delle dita, a poi al petto, e da questo al piede e fin sulla testa, condotto da Volontà, guidato da Abbandono; abbandona la tomba dell’infanzia, il ventre, il segreto, il sesso, e il tradimento del padre, e la sciagura, e la civiltà e la ragione e tutto per abbracciare il nulla, per tornare alla luce della prima volta, alla spontanea eccitazione; abbandona con il movimento circolare ed inspirando senza fretta ed espirando bene, a tempo con le mani che s’allontanano e si contraggono come addome, o ali; abbandona il vecchio, quadrato Destino per il nuovo, tondo Progresso; togli ai buoni polmoni all’ostruito e istruito respiro che è dimora di Sagacia, Intelligenza & Normale Santità per dare all’addome; abbandona con il privato respiro superiore gli occlusi millenni dei sagaci, dei dotti e dei santi procurati; sii respiro nel ventre, sede di calore e pulisci tendini e muscoli con vapore; e suda, così, con silenzioso Agire e urla, per rompere questo tuo Silenzio, batti il tallone sulla terraferma, scuotila! Sei venuto al mondo per scuoterlo con la Bellezza e con la Grazia e con la Pratica e con l’Arte che sono ignote al monaco seduto al santo disseccato dalla buona virtù; sii sforzo sublime della Pratica del dao finché da interno il respiro diventerà interiore e così tornerai a esser vivo, luogo di Vie e Canali che rompono il Controllo sulla Vita; abbandona la Razionalità, l’Ipocrisia e la Continenza e l’intero status nato coi servitori feudali, abbandona la storia con le sue supremazie: i fedeli devoti nell’èra della fede, i lavoratori efficienti nell’èra del lavoro, i consumatori avidi nell’èra del consumo, i possidenti arroganti nell’èra del possesso e tutti gli altri mali, cancellando le servitù e le dinastie muoverai a nuovi millenni più freschi privi di nomi e di mali; abbandona la Ricchezza e l’Arroganza, torna a prima dei nobili e dei borghesi, abbandona la Giustizia e la Legge, torna a prima dei banditi; abbandona la Casa solida, il Cemento armato, perché nemmeno tu puoi distruggerla; e Durezza e Rigidità e Puntualità e Precisione e Banca e Moneta, torna al Vacuo dell’aria e dell’acqua come il respiro che rompe il cranio il vapore che rompe la pelle raccogliendo oro dalle montagne delle membra e dalle miniere del movimento; muoviti! adesso puoi farlo, in cerchi di mani e piedi e bacino, con elasticità aspirata dal duro schema osseo adulto; cerca nella pratica del Movimento il verde rimasto nel tuo crespo cespuglio asciutto ma senza desiderio, senza sfida, lasciando sognare le ossa che scricchiolano e sognano tornare al bambino; osserva il maestro cinese: la Regola, la lezione degli Animali Maestri verso gli uomini e vedrai nel tempo trasparire dalla Disciplina il felpato felino, il sinuoso serpente, l’aquila che viene da sopra a sottomettere il serpente, e la gru che apre le ali… tutto dentro una minima Arte, immensa Espressione di chi torna così al puro uomo originario, e rilascerai nell’aria il tuo Dolore e il tuo Nome finché, così spossessato, così impoverito, così fuso con la natura, sarai felice e trasformerai finalmente il respiro in Qi ; abbandona l’Umanità e l’Interesse personale che sono per l’Individuo la stessa cosa, torna a ondeggiare come una canna flessibile confusa con le altre, senza nome tra altre canne simili ma non uguali; abbandona Distinzione e Uguaglianza, abbandona gli idoli che sono stati fusi col tuo oro, torna agli dèi semplici come Shennong o Pangu, al Figlio del falegname e all’Onesto, a quel contadino assaggiatore di foglie calmo e confuso nei campi, a quel bambino acciambellato in una culla; e se dormi come i cervi e le gru, puntando il muso verso l’ano, come loro raggiungerai l’immortalità! dice un maestro daoista; e dunque abbandona anche i maestri con le loro falsità, le loro buffe lezioni-dicerie coi loro Schemi Precostituiti e le loro troppe novelle; ed abbandona le incrostazioni dell’Essenza, e cioè l’anima, ovvero il corpo, il palazzo fatto d’organi e ogni organo un palazzo; con l’anima aperta e vibrante la rivoluzione sarà celeste! I cerchi del Qi saliranno in verticale nei canali e nelle vie e man mano gli organi si apriranno “come fiori di loto nella neve”, è stato detto; e dalla campana dei reni, madre dei polmoni, ai polmoni intossicati dalla civiltà o trasformati dalla polmonite quando uscisti nella neve con una veste troppo leggera e con un’anima ancor più nuda hai respirato la civiltà e con un bambino non voluto in grembo o un’ambizione non spontanea agendo come suicida; dalla Pratica fatta Arte una sfera di Energia Vitale dalla materia del corpo salirà dal passato al Presente e dal ventre molle al cranio duro, e la scatola quadrata della vecchia mente con dentro la forma del vecchio Destino fatto di millenni, pesi e nomi soffiando svanirà nel vapore, e il corpo sarà trasparente dopo esser stato solido dov’era molle e vaporoso dov’era solido; e qualcuno forse ti vedrà, quel giorno stabilito dal tuo Tempo interiore, dove tutto sarà come increato e postumo e il tuo cuore sarà calmo e le mani saranno spalancate dal respiro e la fronte sarà la fontana e tu sarai un chiostro su un monte e ogni osso vecchio sarà tornato verde, e come vento improvviso tra gli alberi immobili il tuo movimento sarà lentissimo e velocissimo e sarà percepibile fuori dall’indicazione del maestro, del Libro, e sarà brezza nata dal tuo Vuoto, dalla tua Mancanza di ostacoli, dal tuo Anonimato, freccia scagliata da quell’arco abbandonato il cui bersaglio sarà centrato solo a occhi chiusi e sarà detto senza usare parola – “quando riusciremo a parlare senza parlare?” e abbandonando perfino Chuang-tzu, perché questo è il Dao, anima stessa della Pratica; ma tutto questo sarà spontaneo oppure non sarà, e lo avrai fatto tu abbandonando te stesso, il giorno in cui sarai al culmine del vuoto e osserverai con occhi chiusi e dai tuoi limiti motori genererai il tuo movimento e sarai perfettamente al centro dello spazio e del tempo perché sarai tu il tempo, né prima né dopo, e genererai la tua santità, e “Destino”, “Quiete” ed “Eterno” saranno solo parole di qualche lontano ingombrante io perso insieme con le stesse basi della tua Pratica, che avrai dimenticato, perché il perfetto Movimento del Dao è una radice che nell’oscurità della terra tocca il Senza Forma e la trasparente Santità del Dao è un’acqua talmente pura che torna alla Casa del Sorgere.




Questi versi nascono dalla pratica del tai chi, dalle letture taoiste e dal mio viaggio in Cina recentemente concluso, dai cui appunti filmici sto realizzando un “video-reportage (taoista)” e durante il quale ho scritto delle poesie (alcune si possono leggere qui di seguito). Poesie scritte in Cina

Leggo Zhuang-zi e con lui cammino per le città.

A Pechino, Wuhan, Xi’an.

siamo un doppio molto affiatato, nell’ invisibile.


Il giorno che è piovuto incessantemente

con la maglia fradicia ho camminato e visitato musei.


Un custode con un cappellone di paglia

con una scopa scacciava la pioggia dal pavimento .

Con una larga scopa di rami e foglie

che sembrava un remo tirato su da un lago.


Sul mio corpo la mia maglia

doveva sembrare asciutta,

così intrisa di pioggia e con Zhuang-zi

siamo oggi nello stesso povero abito,

dove la pioggia è la qualità del tessuto

e l’invisibilità ne è l’ordito.


Come la strada, come il lago,

come la foglia che fluttua

questa è tutta la mia povertà.


E questo è perché con Zhuang-zi

mi sono bagnato nei Quattro Mari

e nel Grande Fiume Giallo – ma chi l’ha notato?

Solo chi riesce a vedere un doppio spirito in Uno,

e riesce a percepire la Poesia, e il Cammino.


Già asciutto è il mattonato d’ardesia

nel museo delle stele di Confucio

e il custode è evaporato – chi altri l’ha visto?

Solo chi riesce a vedere un doppio spirito in Uno,

e riesce a percepire il Temporale, e l’Altrove.



***



Tra cielo e terra


I palazzi, per qualche ovvia ragione,

vorrebbero essere aria,

e spingono e spingono… ma ce la tolgono.

Non c’è aria oggi in queste strade afose.


Qui respiriamo una sorta di vapore

e come nessun’altra bestia sudiamo.

Quale animale è straziato come noi?


Ma proprio per questo nero sudore

in un lampo sappiamo tutto di noi,

e come il vapore desidera esser pioggia

così sappiamo che l’uomo desidera esser aria


Tra i palazzi e i grattacieli e gli asfalti…

come bestie cattive cerchiamo il cielo.

Verso il Cielo fu il nostro primo sguardo,

un desiderio d’aria che restò incompreso.


Perciò il vento è come un vecchio amico

tra gli alberi bassi e ladreschi nel cemento;

è come un compagno d’infanzia, quel bimbo

che gioca e parla con noi all’improvviso e dice:


“Che umanità strisciante!

Che esseri incompresi a loro stessi!

Se privo dell’aria non puoi vivere, Uomo,

lei è il tuo elemento – e allora devi saper volare!







***

E’ forse “albero”

ciò che è contenuto tra “radice” e “rami”?

Ma la cicala, l’uccello,

non sono forse prova dell’illimitatezza dell’albero?

E’ forse albero

ciò che è contenuto tra “silenzio” e “quiete”?

Le sue radici si propagano,

mentre i nostri piedi sono immobili,

e uccelli si estendono da lui nei tanti cieli,

mentre noi restiamo nei pochi metri.

E’ forse “albero”

ciò che è contenuto nella parola “immobilità”?




***

Curate bene la vostra oscurità,

non vestitela di riti e di mode.

Blasoni, croci, svastiche, magliette

e quei teschi stilizzati su un nero brodo

che al vero buio subito svaniscono :

la vetrina è stata spenta.


Quando la nostra oscurità emerge,

che brilli solo la nostra verità

in quell’attimo di luce!

Perché la bestia profonda è bianca

mentre l’oceano intorno è scuro :

la superficie è subito nera.



***

Sono appena stato il soggetto di una foto.

Mi hanno visto scrivere una poesia

e mi hanno scattato una fotografia.

Ma cos’è oggi un poeta?

E’ l’idea di qualcuno che ti fotografa,

anche se non sa bene cosa ha visto.








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Immagine del redattorePoetainazione

Aggiornamento: 27 mar 2020


Il cuore



Dopo giorni

nell’inferno di questa Patria

che ormai si è dichiarata

“emergenza siccità”

la poesia è venuta


Una goccia o due

versate in questa notte,

irregolare precoce pazza puerile

solenne tragica rugiada

su questa radice che io sono,

mezzo americano

sognante l’West,

patata o fagiolo che sono

diventato, seminato da Thoreau


Fagiolaccio

allungato e crespo

sporco e vecchio

tra erbacce e suolo patrio

letto crespo

di lenzuola lise e sudate

così ingente d’ogni forma d’acqua

povero di versi e d’aria, assetato

eppure così acquoso

come Tantalo

poiché così è l’inferno


Con un ventilatore

cerchiamo risarcire

corpi bruciati e persi,

perché questo siamo

e i corpi ne sono parte


Letti di sudore

raccoglitori di spoglie

gialle tombe o dal colore

pastello capace, autoinganno!

momento felice del borghese

che in questo momento

consuma la sua vita intera,

finché le lenzuola si lacerano

sotto i nostri ansimi e scoprono

i materassi di piscio nero


Dal cuore balordo

una goccia

d’acqua salmastra,

o sia pure dolce,

residuo di qualche mare

o antico fiume

o infuso di cicuta,

che però è subito asciutta

nel giorno che segue,

ché più intima della nostra poesia

è la nostra burocrazia, più forte!

Borghese o nazista o gesuita

dominio di razionalità,

eppure la sua buona facoltà

di bagnare e ancora dissetare

perché così è la poesia

quest’unica goccia ce l’ha


Goccia

fresca meravigliosa

che moltiplica in rivolo

e per addestramento di sé

poi ingrossa, destra

a dare un reggimento di versi,

non uno solo!

a risarcire, perfino a colmare

una Patria intera

e poi l’intera assenza d’Umanità,

in una notte sola.




***





Gli occhi servono a leggere o prevalgono molto più importanti?

– vedo certi flaccidi dotti riunirsi in brutte Università,

scrittori alzare appelli verso il proprio Editore (BUR),

occhiali televisivi e lenti spesse d’ufficio –

Va bene, torniamo alla domanda:

sono più importanti i tuoi occhi che leggono

beatamente in una notte chiara o nera

quando una lucetta alleata e amica

pian piano negli anni ti ama e ti acceca,

oppure sono più importanti i libri ?

Shakespeare e tutti i migliori poeti,

Dante, Goethe, Ginsberg, Emily


Lo spirito vola, l’anima è bella e il corpo bruto sta a terra?

– i corpi dei preti non sono meno insignificanti

dei corpi di quegli scrittori e di questi burocrati bancari (BCE)

panciuti o consunti, nessuna conquista d’armonia –

E se torniamo alla domanda:

è più importante questo buio spirito

da prete incallito nei millenni,

da bancario, da impiegato d’ufficio assoluto

come Heichmann, del tutto privo di corpo,

o piuttosto l’anima esiste ed è buona

solo se è una lotta del corpo?

Michelangelo e tutti i corpi che lottano,

maratoneti, scalatori, apneisti, atleti




***




Il Dolore vero

di cui la piccola patria è parte

è una planetaria mancanza

è mondo

ma nessuno ha dichiarato

“emergenza dolore”


Dal dolore viene la mia Rabbia,

si dispone come freccia

su corda d’arco

e non c’è bisogno di toccarla

basta tirare la corda

con due dita inguantate


Perché la Rabbia è cosa fine

quando viene da fine Dolore

e insieme ci consegnano un arco

da toccare coi guanti




***



La rabbia. Sono noto per la mia collera.

Famiglia, amici, clienti, passanti,

il mio condominio, quello di fronte al mio…

chi non ha detto “lascialo perdere quello”.

Un giorno danzavo nell’erba, ché tutti i giorni

per un’ora m’alleno nel tai chi, nello squallore

dei giardini romani gonfi di mozziconi e vetri

e tappi di birra, tra le erbette non curate

depresse fino alla radura indicibile, urtante!

“Quello è pazzo e si vede pure che è pazzo”

disse quella col cane contro cui urlai.

“Quello mi ha sputato”, disse al suo ragazzo,

e infatti è vero: le sputai, col sangue agli occhi,

quando dal mio dao silenzioso come pianta

mi forzò nel suo dao rumoroso di padrona

urlante più del suo cane. Fu un grande scontro:

civiltà del rumore contro civiltà del silenzio.

Cani, figli piccoli, ragazzi stupidi, adulti feroci,

automobili, allarmi, moto che rombano,

operai che demoliscono, camion che nettano

i secchioni, autobotti col cemento, autospurghi

e poi l’ultimo drogato, l’ultimo alcolizzato romano,

l’ultimo urlo di un presunto padrone del silenzio.

Ma il silenzio non è tuo, è mio! Così è per natura.

La natura me lo ha consegnato, il silenzio,

come a un uccello, a una cicala, all’ultimo grillo padrone.

La stessa natura che al ventenne stupido col nasone

e cogli occhiali ha così presto tolto qualche grado,

mentre io ho così buona vista e quasi tutti i capelli neri.

Io animale di quest’Eden attraversato da carri armati,

io che imito la tigre e la gru ma senza emettere verso,

io che mi torco, nel paradiso più assurdo mai esistito,

e salto nell’erba e sbuffo e sbatto il piede sulla terra,

sull’intero pianeta, tra mozziconi di nera civiltà,

con la mia rabbia pura, bianchissima, nera.

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