Poesie
Il metodo
Ogni cosa ha un metodo
anche le nuvole ne vantano
perché, se esiste la libertà,
questa non è che barbarie.
Era un uomo libero quello preistorico?
Non umani saremmo spietati
lo scrupolo pietoso è umano
ma se non diventa metodo
l'animale resta nel suo istinto di caccia.
​
Ma metodo non è tecnica;
il metodo è per essere liberi
in una civiltà senza gabbie e cacciatori,
la tecnica è per essere cacciatori
o per evadere dalle gabbie.
​
La libertà eretta sull'evasione è triste
come la libertà eretta sul denaro,
benché il manovale sia tristemente allegro
mentre il geometra è tristemente cupo
e l'imprenditore su tutti si suicida.
​
​
***
​
​
E la vediamo a primavera
questa Italia
forse ancora amica degli uccelli
ma non degli uomini.
​
Quel padrone di oggetti
quel padrone di trasporti
quel padrone di carni
quel padrone di corpi
​
ognuno col suo furgone
in un caos padrone
che assegna i posti
alle cose, alle merci
​
ai corpi affidati ai reparti
alle divise, alle camicie
ai tesserini, ai nomi
​
- buongiorno sono Monica
in che cosa posso esserle utile? -
​
Un popolo di corpi dislocati
dentro una massa di merci
nelle pance dei supermercati
​
- un'ombra di magazzino immenso
avvolge ogni cosa e il piccolissimo oggetto
sul suo ripiano perfetto sembra sereno -
​
e sui piani di palazzi sopraelevati
o seminterrati, e in ali di edifici
e in pezzi di aeroporti e stazioni
e in nuove costruzioni su terreni bradi
​
tra cartelli di anziani vinaiuoli
e indicazioni di paesi e rocche
punteggiate di ruggine o storte
lungo le strade sempre meno familiari
​
- Oh, anima e gambe mie
tentiamo di raggiungere un bosco
o un lago o un acquedotto
​
tentiamo un brivido, una gioia, uno scatto
fuori dalla detta vita normale
di azioni inconsulte, occhiate sporche
e quella fame che sappiamo
​
- ma fame di cosa sentiamo?
quale fame? quale fame ?
eppure la sentiamo,
ne sentiamo la sudditanza
ma di cosa? cosa? -
​
Ogni forma di nevrosi...
ma noi non possiamo sapere
con quali occhi guardiamo,
come vedere gli occhi nostri?
​
ma c'è un momento, ripeto,
in cui tentiamo uno scatto
che sia nostro
profondamente voluto
​
- una domenica? un lunedì?
usciamo in un momento fuori
dal Giorno Del Suddito
in cui ci muoviamo manovrati
​
ed entriamo in un Tempo
in cui tutto è chiaro
L'essere è stato rovistato
e ormai è chiaro
davanti a noi è un massacro!
ma gli occhi,tuttavia, lo vedono
E' quel Tempo in cui carezziamo
il nostro viso a lungo trascurato
e la carezza annulla il massacro!
Tempo della fine di ogni vendita,
rinascita
nelle parole semplici
"erba"
"prato",
"acqua",
"lago", non parole!
​
- Qualcuno intanto si spoglia e si tuffa,
la luce avvolge gli oggetti liberi
l'ora è blu e colora il cielo
e uomo e uccello una cosa sola
​
​
***
​
​
Quando fui incinta di poesie
furono forse i tramonti dei soli
a copulare con questa donnetta
che mi sta dentro e mi dice:
poesia poesia poesia poesia
​
​
Così poi partorii questa donna, donnetta, donnona, donnaccia
​
Oh madre mia, oh magnaccia
che sono io
a prostituire parole su carta
io che le sto intorno e le dico:
​
Oh, antica e puerile
oggi ti ritrovo, poesia, in questa sera d'aprile
​
e povera mi arrivi e un po' tenebrosa
o forse sei soltanto incerta,
incredula d'esser ancor qualcosa
​
Cosa?
​
Uno slancio d'amore ?
uno svincolo dal coma, dall'orrore?
​
Comunque si agita e arriva
dal pozzo dell'anima cretina
questo zampillo ( o volgare sputo) di parole
ma ambizioso, un bouquet di rose!
(o un volgare cartoccio)
​
E non parlo di poeti rinchiusi nei loro scritti
fino al punto che questi diventano apocrifi,
falsi intatti virginali in torri eburnee,
o pompini autoprodotti dannunziani
spacciati per qualche infinito serissimo dolore
​
No, amico, io ti parlo di qualche perpetua ricerca
ma nel mondo, nel mondo d'oggi,
priva di ogni candore antico, priva di ogni verginità
o moderna buddità o altra misura di calma poesia sedata,
Poeta che si conficca nel mondo e spacca
e più mi conficco e più spacco e rompo,
Uomo portato dal verso
ma le cui letture, le cui scritture,
come ogni devozione, come ogni invocazione,
sono nulle come altre repellenti tonsure!
​
​
Cosa hai detto?
​
Non ho spiegazioni per le mie allitterazioni
ed anche quest'ultima parola la lascio in alto, sospesa,
in questa sera in cui tutte le dizioni sono incerte
e solo la difficoltà è vera
​
Una "dorsale di corrente finlandese"
sulla bocca di buffi meteorologi
sospende la primavera
e questi sospesi signori della Previsione
con la bacchetta in mano restano...
mentre dal cielo terso si avventa un dolore
come dal fondo limaccioso una poesia chiara
e il sole ci dà un improvviso temporale
in questa sera interrotta
in cui questa poesia non procede
e l'aria pure è rotta.
​
​
***
​
​
A Manni editore - luglio 2010
​
​
Dopo la revisione
​
​
​
Ho fatto un'operazione
a me molto ostile:
separare, separare...
Ho separato le sorelle,
le ho rese cugine.
Non potendo farle assomigliare.
Ho rotto la famiglia
che sta nelle mie poesie
e oggi quelle e quelle altre
non mi permettono di dormire.
Un unico sangue reclama
nelle celesti e nelle castane.
​
​
***
​
​
Ed eccomi ad abbracciare questi platani
e con la faccia immergermi tra le foglie
e fare della loro verde presenza dignitosa
un punto della mia dignità, come l'orientale
che si sottomise all'albero e divenne asceta.
O albero nostrano, amico silenzioso
che tocchi coi tuoi rami più bassi la mia statura
ma parli la lingua smisurata del vento,
o giovane platano della via Tuscolana
appostato come quegli ambulanti
poveri e inermi le cui belle lenzuola illegali
la tua ombra scura difende e di colpo imbianca,
o verde avvocato di chi come te sogna
nella pelle verde e nella folta capigliatura
e vive come la gazzella, come lo scoiattolo
nella serietà della dipinto natura.
​
​
***
​
​
Primavere
​
​
Quest’afa nel vicolo cieco immobile
come la mia solita erranza.
Cosa cerco?
Un giorno di respiro per l’intera umanità?
Amore?
Carità?
​
I carcerati subiscono l’irresistibile primavera
che bacia le finestre blindate.
​
Marzo che manda i mimosi
Aprile che li strozza coi gelsomini
e Maggio che accende ligustri
sul passato.
​
I carcerati vengono flagellati contro i muri
da un profumo.
​
Per anni ho provato una condanna simile e opposta:
ad un certo punto della mia libertà
una passata stagione ritornava,
una vecchia primavera
soffiando mi rinchiudeva.
​
​
***
​
​
Ci inseguiamo come le mosche
su un prato. E come loro
sulla carne ci sfreghiamo le mani.
Ma noi non conosciamo il volo,
non conosciamo il contrario della pietra.
Diciamo di essergli più belli
ma restiamo più di loro immobili
sulla carne.
​
​
***
​
​
Dormire armati
pisciare vestiti,
e così bagnarsi nel mare del giorno.
Il clown che consulta il magistrato
è sempre un controsenso
anche quando il giudice è democratico,
anche se domani la vita sarà un gioco.
Ma oggi, intanto, tutto è guerra
tutto ripudia il gioco.
​
​
***
​
​
Io che amo
posso forse inchinarmi
baciarvi i piedi,
ma se colpite mia madre
mio fratello
mia nonna
e ogni cosa amata
allora l’anima mi si asciuga
le mani mi diventano pietra
le viscere profonde mi salgono
mi si chiudono i pugni ai polsi
e la belva ferita
colpisce piangendo
in un'orgia di sangue.
Un sangue che mi fa schifo
fino allo svenimento
ma quando si è vivi e si ama…
​
​
***
​
​
​
Come fossi al risveglio
da un suicidio
non riuscito
ho visto mio fratello:
a un primo piano ravvicinato
aveva occhi da delfino
nel viso lungo e aperto.
Gli ho segnato di non parlare
usando il dito parallelo al naso:
una scena brusca
in un mondo sgraziato.
Dovevo essere l’ape
che si avventa lieve dopo aver ballato
e il fiore che viene rapinato
accondiscendente
tra i vasi di mia madre.
Invece questo sono, nel letto sudato,
un quasi morto
dopo una discussione famigliare.
​
​
***
​
​
Se anche un riverbero è vita
una forma,
allora la strada è immortale,
pure la più morta
la più arida di luce
la più miserabile nelle forme.
​
Un lampione incendiato
tra mura prive perfino di davanzali
che enorme morte!
​
Ma tra le pozze cupe un bambino saltella
tenendo l'ombrello come un cappello
per le strade da lui risorte.
​
​
***
​
​
C’è un occhio impalpabile
sulla mia esistenza
non è dio
ma è il mio occhio
che dal palazzo di fronte
mi insegue in ogni stanza.
Sinistro, sporco occhio di piccione
fissa la mia erranza.
​
​
***
​
​
​
Vecchio giorno di festa
​
​
​
Gli occhi e le labbra chiuse dei palazzi
appena assolati nei mattini
e nel richiamo della città gli uccelli sono pazzi
o forse sognano, o ritornano bambini.
​
Il sabato è quella luce che bacia il vuoto degli spazi
​
​
***
​
​
La mia saggezza?
La userò come segnalibro
fin quando non sarò più colto.
​
La mia razionalità?
Non controllo mai il resto
che il commerciante indiano
mi mette nel cuore della mano,
mentre ne seguo il gesto
come un cane
e lo amo.
​
​
***
​
​
Nella strada uomini sfusi
conclusi nella strada.
​
​
***
​
​
Affogo i panni nel bacile
spengo il patciouli che fumiga
svito e riavvito la Bialetti
sento gli elicotteri passare
su cortei così stretti,
la protesta è così minima
che mi sento un lupo nel canile.
​
​
***
​
​
​
Ascolta! Suono sembra di un aereo immenso.
Motore echeggiante nella borgata all'alba...
​
è il giorno che compie la sua manovra.
​
​
***
​
​
​
​
Quante notti illuminate a lungo
per condurre fuori da me un verso
che ancora mi dicesse, pur se evaso.
Un poeta che altro non cerca
ha la sua capannuccia
su un monte ventoso
mentre molti gli indicano la pianura
pianificando acquisti e carriere.
​
​
***
​
​
​
Se vedete un trentenne
col viso pulito, da ragazzo,
a spasso per la periferia
forse quello starà pensando
ai ligustri di via dell'Acqua Bullicante
o sarà in cinta di quella consueta poesia
che nasce al crepuscolo
rincasando.
Se vedete un tipo sospetto
che osserva le vostre finestre,
gli ingressi delle brutte case
in cui vivono nonni e nipotini
i tossici disinvolti
il bucato triste dei cinesi
le fritture dei bangladesi
……………………….
……………………..
forse lui starà cercando
parole appropriate a tutto questo
​
​
***
​
​
I divi miliardari della televisione, del cinema, del calcio…
I divi miliardari.
Le serate di beneficenza
per i bambini poveri del Malawi, del Ghana…
I bambini poveri.
L’impegnata presenza
di divi dismessi, che puzzano di morte.
La morte.
Che almeno in Malawi e in Ghana la vita sia!
La vita.
​
​
***
​
​
Le olive
​
​
Uno spirito irremovibile
mi è entrato nei polpastrelli
mentre portavo olive alla bocca
e sono stato così morso, come un legno.
Furtive e con speciali trucchi
ragazze del sud hanno scherzato
e così sono rimasto, irretito e beffato.
​
​
***
​
​
Una torma di mediocri vediamo scenderla
questa vita, senza alcuna bandiera,
mentre io che sventolo uno straccio la salgo,
io che porto un’idea bizzarra e pura:
l’estate dietro gli alberi, sulla salita.
​
​
***
​
​
Hai ragione: i semi dei caki
riposano in membrane gustose
da succhiare con sguardi persi nel vuoto.
​
Allora vieni nel vuoto, amore mio
ti preparerò l'accoglienza del paradiso.
Il Vov denso nel bicchiere
il sorriso del Che
un Novembre di caki spaccati
nelle cassette… e le grandi Corporazioni
e le banche da tutti vedrai boicottate,
pure dagli itterici giovani dei CSA*,
e i poeti non vedrai più sbadigliare,
e dalla finestra della nostra camera
vedrai Roma fascista tifare uno zingaro,
vedrai Roma cattolica inneggiare al musicista
che squarta i canti gregoriani con il sax.
*Centri sociali
​
​
​
***
​
​
​
Ti vedo!
da sguardo che sale puro dall’abisso
dato a te questo sguardo in cui sono nudo
​
io che sono il folle figlio del divorzio, del rifiuto.
​
Vedi?
maschio nel corpo
di muscolo, di graffio, di mascolino naso
​
ma piccolo figlio del mare, dell’onda io.
​
Io piccola foca giocherellante
occhi umidi e gai, piccolo e occhieggiante
in fondo al corpo potente di maschio
​
io che malgrado lo spesso mondo ti vedo!
​
​
***
​
​
l'eternità delle pagine sfogliate in una sera di Luglio
un libro segnato per mezzo di un altro libro
entrambi pronti nella sera di Luglio
per essere presi, come altri milioni di libri.
Guai a non prenderli!
​
Ah, il piacere di gustare sogni in una sera di Luglio
pregustazione che rende gonfie e consistenti le sere
in cui la vita passa come un aereo...
Guai a chi non sa, a chi non si prepara ad amare
ma prima divora tutto e poi va nel proprio deserto.
​
Ah, mondo rivelatosi tutto in una sera di luglio
leggendo libri già letti mille volte,
Ah, Alda Merini penetrata da Allen Ginsberg
sul mio letto in una sera di luglio!
​
​
***
​
​
I giardini vogliono essere invasi e calpestati!
Amo l’erba che si dirada sotto la violenza dei ragazzi
che giocano a pallone, e amo la sete e la crescita
eterna e potente dell’erba sotto i getti della sera
​
I libri vogliono essere segnati e sgualciti!
Amo le rilegature a colla perché permettono al tempo
e alle mani di staccare la pagina senza umiliarla
senza lacerazioni, come una figlia cresciuta
​
La pelle vuole essere arsa e corrugata!
Amo le prime rughe, e amo le successive, che vengono
a prenderci come le prime notti fredde dopo l’estate
forti della nostra caducità, della nostra fragile vita.
​
***
​
​
​
Ho sognato una terribile verità
che si ammette solo nei sogni.
Partivo per un viaggio importante
come un poeta che non sa di andare in esilio
e ama il viaggio, ma più in là di Roma dove?
L’Europa senza Rimbaud, l’America senza Neruda?
Milano di case editrici, Reggio Calabria di deserto?
O verso una borgata meno spietata e sperduta?
Sorridevo come sempre, legato
alla vita, e parlavo con un passeggero
e contavo davanti a lui i soldi che avevo:
pochi euro che non consentono imprese
mentre io partivo per le mie crociate!
La piastra, la rupía
e tra quelle la mia poesia
unico mio concreto valore
moneta che nessuno vuole.
Piastra: moneta egiziana
Rupìa: moneta indiana
​
​
***
​
​
Ah, inventare parole nuove
nell’antichità dei giorni.
​
​
***
​
​
Scrivo poesie, io sono il guerriero.
Moderno, vivo nel passato.
Canto di tutti e ognuno mi canta
nella solitudine e nel dolore.
Faccio mio questo coro di parole
nella sola parola poesia.
Porto negli occhi calmi
il riflesso della mia spada.
Avanzo da un indicibile buio
col mio piede solare.
Infilzato da grosse spille volo
sanguinando e tuttavia cantando.
Io sono la farfalla, scrivo l’impossibile.
​
​
***
​
​
​
Come in un pigiama si ritira la psiche,
raggelata da tanto studio su se stessa.
​
​
​
***
​
​
​
Mi sono strappato da lenzuola bagnate
per gettarmi su questi prati lucido e stordito
accanto alle mucche della Caffarella.
​
​
​
***
​
​
A cena
​
​
Una goccia di vino sul pane,
io, mio fratello, mio padre
ceniamo sotto un pergolato
di nespole annodate ai kiwi,
in una trattoria del Pigneto.
Il fumo dalle loro bocche
e dalle loro narici li aggira
come una ghirlanda infelice,
li ascolto e li giudico muto.
​
I ricci lucenti di mio fratello
e di mio padre le pelli scese
sono ugualmente rispettabili.
​
***
​
​
Vivo
​
​
​
Non mi hanno cercato
(o ciò non è avvenuto con vigore)
così sono partito.
Oggi mi trovo a…
e potrei forse sembrare morto,
invece i morti li ho lasciati indietro.
Oggi sono vivo d'un'altra vita.
​
​
​
***
​
​
Sono allora volato in alto
​
​
​
Sono allora volato in alto,
non come entità divina né come uccello
ma ancora meno: un insetto fastidioso,
nel cielo degli dei a fare rumore.
​
​
***
​
​
​
Ai nostri benefattori
​
​
​
​
Un uomo di nome Io
conta a tutti la stessa bugia:
filantropia, filantropia…
​
​
​
***
​
​
Il giacinto che ti regalai
certo si è spento con la stagione
ma il biglietto che sai
e te ne ricordi, ancora fiorisce.
​
​
​
***
​
​
Ti tocco il naso tra gli occhi
con una strana mano nera nel buio
mentre medito illuminato da idee confuse
come il soffitto a tratti sbiancato da ciò che passa
attraverso le persiane e poi svolta la strada,
mi gratto il ginocchio destro e nero
con il nero della mano destra
e mi tocco lungamente il pene fresco
in una lunga fresca notte di fine luglio.
​
​
​
***
​
​
Lezioni
​
​
​
I
​
​
Si dovrebbe sempre essere armati
di penna, apparato fotografico, telecamera, etc.
quando si passeggia nel tempo scampato
alla compressione e alla depressione,
e per vie, spiagge, prati
come reduci di guerra o ex-carcerati
andiamo belli così, in bicicletta
o sulle meravigliose gambe.
Ma ci hanno educato ad esser depressi
e compressi sotto i dettati!
O sole, albero, ragazza leggera sul prato,
o vortice d’aria che dal sentiero alzi
quel fantasma che avvolto in una sciarpa
di foglie e cartacce cammina superbo
finché nell’aria vasta si sfalda.
​
II
​
​
L’adagio di Albinoni
seduti in macchina
e viaggiare
​
Da una finestra
affacciati in borgata
incidere versi
Strumenti ci aspettano
stazioni di treno ci chiamano
aeroplani ci provocano
Ma i soldi non permettono, dobbiamo contarli inchiodati
i cellulari ci rimproverano
i carri armati si posizionano, dobbiamo includerli nelle mappe
e nelle poesie
Poesie?
Sì, questo bambino registrato all’anagrafe
trentaquattro anni fa
vorrebbe nutrirsi di poesia, essere degno della vita.
​
​
III
​
A qualche lezione d’adulto hanno portato
questo uomo
che voleva dimenticare d’essere adulto
per quel senso arcano
che ci fa preferire al cemento l’erba.
Mi promettevo di svelare quel bambino
coperto di croste, il piccolo innocente
contro il grande dittatore
mi sembrava l’unico dovere!
Ma il bimbetto, grande creatore
di poesie, è stato portato alla scuola
e lì castrato.
Scuola del contare i soldi intascati
con l’entusiasmo dei carcerati
che contano i giorni; scuola
del trascinarsi ambiziosi
nella pochezza… Basta!
​
invoco la mia morte di borghese
reclamo la vita di quel bambino
affermo che delle mie trentaquattro annate
è certo lui il mio sapore più sacro:
i miei mille poemi
i miei prati da atleta
i miei balzi lunghi da felino
scappato allo zoo di Stato.
​
​
***
​
​
Scrivere mentre pranzare
tra un atto creativo e l’altro mangiare
una crosta di pane comprato già duro
separare la mollica
e infine scolpire mezza pagnotta
con un coltello inadatto
a farla parlare
una qualche lingua che possa dire del ragazzo di fronte:
maglietta rossa - serissimo - appoggiato al davanzale - guancia stropicciata
dalla mano - mentre dice all’amico: daje de pedalina.
E che la poesia possa dire tutto d’uno scooter che infine s’accende
e salutando con voce ancora infantile s’allontana
E che possa dire di me:
collo sudato - tovagliolo economico e fasullo di cui mi sono armato - sfaldato in brandelli;
e di questa musica leggera e ingombrante;
e di questo tappo di cera; e di questo vino:
prezzo fosforescente - aulico gergo: color rubino, accompagna carni bianche…;
e di questo ghiaccio urgente:
non cubetti ma cuoricini - contro il manesco Giugno.
E che possa dire tutto di questo fuoco che infine si spegne:
fondo rosa nel bicchiere - tre millimetri di frescura - la mia tana.
​
​
***
​
​
Aprile
​
Ruotano
le panchine con le aiuole
danzano
i nipoti coi nonni
ci aspettano
dolcezze di Esenin
nei giardini
di questo Aprile.
Giocano
gli studenti coi prati
i palloni coi cani
le scarpe con la polvere
alzata dal già vandalo sole.
Si rovesciano,
nelle parrucche dei lecci
stordite dagli uccelli
e nel moto delle bambine
che vanno e vengono
nel vento delle altalene,
le vecchie tenebre
delle anime di chiesa
e le vecchie misure
delle geometrie tedesche,
qui dove la triste Bachmann
si risvegliò e morì
secondo il moto di Aprile.
II
Io, qui, testimonio l’erba
di questo prato, il verde
che brillando ride e i cipressi
raccolti sul pianto come donne;
e testimonio il parto della poesia
in questa mia bocca castana
fecondata da visioni carnali.
E testimonio qui che tutto avviene
sotto un cielo bruciato della propria
azzurrità; sì, io lo testimonio
questo colore smarrito che pesa
sugli steli, sulle gemme e sulle aiuole,
e sulle pietre di cartone reclinate;
e testimonio il sole e quella sua gloria
in cui i corpi si prostituiscono, si danno
ai prati e ai mari per qualche religione
che si celebra con gli occhi lieti,
nel verde confessionale in cui le ragazze
si distendono; e testimonio i giardini
che carichi di questa festa vanno
fin sotto la basilica di S.Giovanni;
e testimonio Dio, la ripugnanza sua
davanti a questa scura nevrosi
che si celebra con santi inferociti,
nel bianco marmo impuro in cui le malattie
s'innalzano e le primavere s'arrestano.
III
Adesso i corpi pallidi cedono
a un desiderio di colore e i seni
invadono i giardini, e i giardini
succhiati nel desiderio del mare
diventano spiagge…
​
Come poter tradire tutto questo
entrando nella Romana Chiesa?
Felici di essere scampati a quei marmi
cantiamo le panchine assolate
e non esitiamo sulle figure flagellate
a cantare l’aria di primavera…
Come non cantare tutto questo
a squarciagola, come le rondini.
​
***
​
​
Clown
​
​
​
Alcuni di voi sono figure meravigliose
se venute da quella luce
che rende Uomini gli uomini
e rompe le gravità delle cose
fratelli dei poeti
che rompono la sordità dei dogmi
fratelli degli attori
che rompono la sordità delle platee
fratelli dei muratori
che rompono la sordità delle strade
fratelli dei minatori
che rompono la sordità delle montagne
dobbiamo al più presto marciare uniti
la mia carrozza sarà piena delle vostre facce
delle vostre lacrime piene di saggezza
che invece di scendere salgono in alto.
​
​
***
​
​
Muratori
​
​
Voi che vivete
e con la Vita disturbate la morte
Voi che vivete
e con piccoli grandi martelli
e con armonie di trapani
schernite il silenzio e ogni sua teoria
Voi nelle vite di tutti
compagni di tutti traditi da tutti
con una coscienza che essendo Vita
subito vi fa riprendere trapani e scherzi
Voi che ad ogni colpo aprite un fiore
accanto ai vetri delle biblioteche.
​
​
***
​
​
Ragazzi belli e sorridenti
a operare sudati su di lei
nel petto irto di gelosia
e complici i vecchi poeti
Rilke, Roth…: fissi punti
d’un firmamento grigio
e muto: mia mente nera:
branco notturno di atleti.
Ma poi: o un uccello dolce
tra i rami azzurri della notte
oppure l’alba lenitrice…
ecco scuotersi la buia mente
e venirmi bello un verso,
dal fondo dell’incubo
inceppato nell’insonnia
uno stormo solare di parole.
​
***
​
​
V’è sole, libri, prato
certezze vitali contro la morte.
Il sole, tante volte
mi ha salvato.
E i libri sull’erba seminati.
E l’erba sotto di me,
per me sconvolta.
Sole,
e la paura è perduta.
Libro,
e l’ignoranza è muta.
Prato,
e la gravità è caduta.
V’è un sole, un prato,
e tanti libri tra le mani
​
o forse no
​
tutti insieme
una cosa sola
​
un solo amore
tra le mie mani.
​
​
***
​
​
Ah, ebbro cielo azzurro
fresca antichità
di luce,
da un pianeta inferocito
io ti osservo
terrestre
​
ma quaggiù, disumani,
non sentiamo più
​
lo splendore tuo
in cui sembri cantare:
​
- note musicali -
​
​
​
***
​
​
Guardare il cielo
anche noi come fossimo cielo
​
- cielo che guarda altro cielo
aria che respira altra aria
odore che annusa altro odore -
​
- Io e questo Aprile -
​
antiche sempreverdi corrotte narici
che annusano tutto,
così rispondo alla brezza
​
- portici che inseguono altri portici
colossi che ammirano altri colossi
fòrnici che inneggiano altri fòrnici -
​
e alla luce con altra luce rispondo,
di uomo-anima, innamorato
dalle mie interne luci; e replico
al germoglio che spacca il ramo
con il turgore del corpo risvegliato
dalle mie interne primavere; e misuro
con un passeggiare prolungato
le mie interne ampiezze; e ritorco
al gorgheggio della rondine bruta
un verso più acido e roco:
iiiiiiiiiiiiiiiiih!
- Io e questo Aprile
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io cane che sfida altro cane
zampe ritte contro altre zampe ritte
cieco che fronteggia altro cieco -
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il mio interno grido e il suo!
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Io il mondo lo canto
perché lo sento cantare.
Il mio perciò è un controcanto,
ed è il mio modo di viverlo.
Ma questi uomini muti
non possono non sentirlo!
Questi che aspettano
il permesso di viverlo.
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E’ vero,
il mio desiderio di vivere
è quasi indecente.
Mentre tutti muoiono
io prendo il sole,
e rido da solo
e prendo, prendo il sole.
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Avrei imparato da te
a muovermi tra le mie spine.
Avresti visto in me il bambino
percosso divenuto tiranno
e l’avresti braccato.
Ma avresti mai rinunciato
al tuo elegante egoismo?
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Viaggiando nei corpi
dopo tante penetrazioni
si conosce il grigio del sangue
e ogni stupore dell’anima,
che l’amore ci dà.
Ma pur gettandoti in me
nel mio buio tremendo…
fino a dove mi avresti seguito ?
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La osservai tra le finestre della scuola
ero in anticipo quindi aspettai
non entrai a sedermi come un suo allievo
ma continuai a spaziare per le vie.
Le comprai dei fiori misti
confusi da una carta a pallini:
tra piccoli tulipani s’affacciava,
tra i gialli, una grossa rosa bordeaux.
Strappai la carta sotto la pioggerella
e citofonai, bagnato nella sorpresa.
Sottolineò che era un bouquet costoso.
Il giorno dopo, non quello, era la festa:
gli amanti si scambiavano regali.
Ma non me ne ricordai per tutto il giorno
finché il ristorante cominciò a riempirsi
e noi seduti tra gli altri che mangiavano
non avevamo fame.
Le strinsi le braccia intensamente,
quel giorno non le regalai niente.
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Quanta poesia ‘nelle cose’.
Le cose mosse un poco dai climi,
violentate perfino dalle atmosfere,
se decise dall’Industria.
Forse il Chianti e altri vini
si estingueranno, la Toscana intera
se ne sta andando…
Ma nella degenerazione
decisa dall’Industria
oggi i miei occhi ‘hanno visto’
che il cielo inizia
a macchiarsi di primavera.
Una leggerezza interiore
segue alle piogge e
lungo il marciapiedi
la fanghiglia si asciuga,
la villa chiama gli atleti,
il mare s’avvicina con cavalli
di desideri impercettibili,
e gli alberi godono muti.
I mimosi ondeggiando,
i mandorli appena dissentendo
con tenerissimi petali…
non come i futuri pini rumorosi
di cicale avide come turiste,
come giapponesi scalpicciando
tra le rovine di questa poesia
di cose ‘viste’.
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A Berlino
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Nel silenzio dei tanti treni
scintillio di suoni affilati
dondolio di persone-involucri
sfarfallio di guardi senza traiettorie
io cerco la Berlino di qualche ideale.
Un signore ubriaco pieno di muco
sbatte lungo il vagone
e delle ragazze, ultima generazione,
ridacchiano con un riso intestinale
tubi neri in boccucce femminili
io penso a Berlino, al Dopomuro.
E l’ubriaco che sbanda in perfetto stile
diventato personaggio comune
nel tempo venuto, come la donna sola
che legge il libro, o l’altra il giornale
accanto al grasso uomo che torna a casa
senza sentimento in questo sole-nessuno
che non apre le nuvole di marzo,
complice di questa Berlino.
Due sessantenni si sorridono, forse hanno realizzato la coppia, o l’individuale,
ma nessuna sapienza di popolo si offre
nessuna disperazione intelligente, né poesia
nasce attraverso la foresta, se non questa
grassa come l’uomo che adesso mi guarda
spaventato e cambia posto.
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Nella musica dei diversi linguaggi umani
mi è sembrato di sentire una musica diversa,
più umana: era il suono del tram che accompagnava
le ragazze appena uscite dalla scuola e le persone,
i lavoratori, che andavano al lavoro, compressi e in piedi…
e tutto questo succedeva a marzo, in questo anno,
in questo giorno, sta adesso succedendo.
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Ah se si muore nella vita!
siamo, prima o poi, forzati a morire
e poi costretti a rinascere
rimontando sul piccolo cuore provato.
sull’anima riallestita dalle tempeste,
sul corpo disperso.
Più volte di Cristo siamo rinati,
quante tombe con il nostro nome!
Testimoni sono le musiche estraniate
i libri, le scarpe, le giacche smesse
non sappiamo più quando.
E le vecchie poesie nostre,
le nostre vecchie calligrafie
che non sappiamo più decifrare.
Ma quelle poesie, quelle paia di scarpe
decadute e ancora buone…
infine si sono compiute, morendo.
Le donne amate sempre nella felicità
e nella tragedia, le città prese
dalle gambe esauste e fin nella lingua …
tutto infine si è compiuto, finendo.
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O donna che rimesti nell’abisso nero
di questa mia carne che va in cenere.
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Un giorno mi tufferò
con pinne e maschera in un mare cristallino,
forse in un Grande Giugno,
o nel caldo novembre di un altro emisfero
La mia pelle percorrerà
la vasta acqua santa e riverberante di sole
e le ferite oggi occupanti ogni spazio vitale
svaniranno per violenze divenute ridicole
E così la Terra stessa sarà
di nuovo percorsa da un uomo tornato limpido,
nel mare senza bandiere e felice di mito,
in cui un semplice nuotare è Felicità.
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"sentimenti oscuri, testimoni di gioie dimenticate"
Wordsworth
Non sono io il lupo,
piuttosto sono la pecora solinga,
aggressiva per difesa,
per aver scoperto l'anima strana
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Anima in un giorno di sole o di pioggia
giorno di legame col mondo
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Trasformeremo allora una volgare automobile
con metalli roventi d'estate e sedili di sudore
in un bianco cavallo
e avremo forse della vita l'intero anno perduta
nelle falle d'umanità e negli urli dello squallore
un'illusione di libertà
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Qualcuno diventerà forse ciò contro cui inveì,
cavalcando così, per vacanza, le terre profonde:
il Molise umile e l'Abruzzo selvaggio passando,
la Puglia che frana nel mare ma ride, ladra
- e così, per istanza di vita, pur non sapendo
ancora, come la spora che affonda nella terra
mentre il suo fiore marcisce indietro
con tutti i sensi tesi ci ritroveremo
sulle spoglie di grigie vecchie pelli,
e con serti sulle fronti,
ladri della bellezza che vedremo
dal fondo tratta con nuovi occhi
dalla poesia che forse è restata
- e così, per coscienza di sé, sapendo
infine, lasceremo i duri bozzoli di vermi:
gli appartamenti, i cementi, lo squallore
degli uomini incompleti e colpevoli
e così, con lucente vacanza offendendo,
sfarfallando zigzagando zingari zanzare
zin zan il grande tutto toccheremo
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Oh, non fatevi incantare
dai loquaci prestigiatori armati di guardie del corpo,
quelli sono il potere
ma Noi siamo la Potenza.
Ipocrisia è l'aria respirata senza scampo
e invidia e tradimento
uniscono i soci a cemento di sodalizi.
Su queste fragilità
stanno i palazzi retti coi nostri oboli.
Obolo, popolo, sudato e insanguinato
da questo inferno divino
da questo fiato di mendicanti prìncipi
che ti chiedono sudore e sangue
e con che mano implorante!
E con che impudiche mani ci tendono trappole!
Ma sudore e sangue non bastano più,
ci chiedono di rinunciare pure al Convivio popolare,
alla pietà e all'amicizia
e alla volontà di dare scienza al più povero.
E a censura di ogni difformità
sentiamo sibilare il potere nell'erba verde,
e questo nostro giardino
che tutto il mondo viene ad ammirare
diventa orrendo per noi
nella bassezza e nel massacro.
Ma nessun sangue disseta un avido potere
e così diverso è il nostro sangue dal loro
che tale furto non può durare
né sarà mai stato reale un solo istante.
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I capelli ancora sporchi
ancora la poesia anche in cucina...
non sarà proprio lei, la malattia,
a farmi credere d'esser malato?
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Il miele scaduto nella gola
per cui tossisco ancora e resta
quel qualcosa e insisto nel freddo
scaldando le mani gelate su un fornello
Un goccio di caffè per caso
diventerà tazzina nella solitudine
gestuale in cui risuonano ancora campane
come se vi fosse ancora religione
Tazzina, campana...tutto ancora
come se vi fosse ancora vita
a cui svegliarsi e non sognare.
Ancora una cosa per cui tossire che resta.