Dopo giorni
nell’inferno di questa Patria
che ormai si è dichiarata
“emergenza siccità”
la poesia è venuta
Una goccia o due
versate in questa notte,
irregolare precoce pazza puerile
solenne tragica Rugiada
su questa radice che io sono
Mezzo americano
sognante l’West,
così poco italiano
patata o fagiolo che sono
seminato da Thoreau
Allungato Fagiolaccio
tra erbacce e suolo patrio
sporco, letto spinoso e crespo
ingente d’ogni forma d’acqua
e monco di versi e d’aria, assetato
eppure così acquoso
per mari e fiumi e italici cuori
e vecchia amata Rugiada
in cui stiamo come Tantalo
poiché così è l’inferno
Con un ventilatore
cerchiamo risarcire quindi
corpi bruciati e persi,
le "anime in pena" dolenti
di cui i corpi son parte
Letti di sudore
raccoglitori di spoglie,
gialle tombe o dal colore
pastello capace, autoinganno!
momento felice del borghese
che in questo momento
consuma la sua intera vita,
finché il gran letto si lacera
sotto gli ansimi e scopre
materassi di piscio nero
Oro riposto a lingotti
da cuori balordi,
dai corpi assetati, Ego
di gente chiusa, e famelica
quando vaga per le strade
Ma, dopo giorni, una goccia
d’acqua salmastra,
o sia pure dolce,non so,
residuo di qualche mare vasto,
antico, che non c'è più
o di qualche antico fiume.
O forse è condensa di muro,
vasta muffa, oppure goccia su foglio
caduta da tazza-infuso da supermercato,
cicuta dolce... o sperma da porno
Ed è subito asciutta
nel giorno che segue,
dominio di normalità, Poesia
non più intima, su cui è più intima
in noi e più forte... Burocrazia
Borghese o nazista o gesuita
dominio di razionalità,
con buona facoltà di bagnare
fogli, dissetare per illusione
forse un'intera Nazione
ma non me.
Non chi ricorda Ieri
e conosce Oggi
e sa del tempo superiore dei poeti
la forma della Vera Goccia
Goccia di Rimbaud, Alberti...
goccia che moltiplica in rivolo
e per addestramento di sé
poi ingrossa, destra a dar versi
in reggimento, non uno solo!
Pasolini, Ginsberg...
per risarcire, per colmare
di sé una Patria intera, burocratica
razionale assenza intera d’Umanità,
in una notte sola.
***
Gli occhi servono a leggere o prevalgono molto più importanti?
– vedo certi flaccidi dotti riunirsi in brutte Università,
scrittori alzare appelli verso il proprio Editore (BUR),
occhiali televisivi e lenti spesse di burocrazia –
Va bene, torniamo alla domanda:
sono più importanti i tuoi occhi che leggono
beatamente in una notte chiara o nera
quando una lucetta alleata e amica
pian piano negli anni ti ama e ti acceca,
oppure sono più importanti i libri ?
Shakespeare e tutti i migliori poeti,
Dante, Goethe, Ginsberg, Emily
Lo spirito vola, l’anima è bella e il corpo bruto sta a terra?
– i corpi dei preti non sono meno insignificanti
dei corpi di quei scrittori e di questi burocrati bancari (BCE)
panciuti o consunti, nessuna conquista d’armonia –
E se torniamo alla domanda:
è più importante questo buio spirito
da prete incallito nei millenni,
da bancario, da impiegato assoluto
come Heichmann, del tutto privo di corpo,
o piuttosto l’anima esiste ed è buona
solo se è una lotta del corpo?
Michelangelo e tutti i corpi che lottano,
maratoneti, scalatori, apneisti, atleti
***
Il Dolore vero
di cui la piccola patria è parte
è una planetaria mancanza
è mondo
ma nessuno ha dichiarato
“emergenza dolore”
Dal dolore viene la mia Rabbia,
si dispone come freccia
su corda d’arco
e non c’è bisogno di toccarla
basta tirare la corda
con due dita inguantate
Perché la Rabbia è cosa fine
quando viene da fine Dolore
ed entrambi ci consegnano un arco
da toccare coi guanti
***
La rabbia. Sono noto per la mia collera.
Famiglia, amici, clienti, passanti,
il mio condominio, quello di fronte al mio…
chi non ha detto “lascialo perdere quello”.
Un giorno danzavo nell’erba, ché tutti i giorni
per un’ora m’alleno nel tai chi, nello squallore
dei giardini romani gonfi di mozziconi e vetri
e tappi di birra, tra le erbette non curate
depresse fino alla radura indicibile, urtante!
“Quello è pazzo e si vede pure che è pazzo”
disse quella col cane contro cui urlai.
“Quello mi ha sputato”, disse al suo ragazzo,
e infatti è vero: le sputai, col sangue agli occhi,
quando dal mio dao silenzioso come pianta
mi forzò nel suo dao rumoroso di padrona
urlante più del suo cane. Fu un grande scontro:
civiltà del rumore contro civiltà del silenzio.
Cani, figli piccoli, ragazzi stupidi, adulti feroci,
automobili, allarmi, moto che rombano,
operai che demoliscono, camion che nettano
i secchioni, autobotti col cemento, autospurghi
e poi l’ultimo drogato, l’ultimo alcolizzato romano,
l’ultimo urlo di un presunto padrone del silenzio.
Ma il silenzio non è tuo, è mio! Così è per natura.
La natura me lo ha consegnato, il silenzio,
come a un uccello, a una cicala, all’ultimo grillo padrone.
La stessa natura che al ventenne stupido col nasone
e cogli occhiali ha così presto tolto qualche grado,
mentre io ho così buona vista e quasi tutti i capelli neri.
Io animale di quest’Eden attraversato da carri armati,
io che imito la tigre e la gru ma senza emettere verso,
io che mi torco, nel paradiso più assurdo mai esistito,
e salto nell’erba e sbuffo e sbatto piede di Tai chi sulla terra,
sull’intero pianeta, tra mozziconi di nera civiltà,
con la mia rabbia pura, bianchissima, nera.
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